Risorse dedicate per i viaggi di istruzione

Andare oltre le logiche del mercato

Sul sito del Ministero dell’Istruzione e del Merito del 3 aprile scorso, tra altri comunicati, campeggia la notizia “Scuola, viaggi d’istruzione: 50 milioni per l’anno scolastico 2023/2024”. Aggiunge il Ministro Valditara: “Esperienze formative fondamentali, sosterremo il ritorno al loro pieno utilizzo”. E ancora: “Il fondo Erasmus è stato raddoppiato. Dal PON 41,5 milioni ad Abruzzo, Molise e Sardegna per orientamento all’estero e transizione al lavoro”.

50 milioni di euro

Vediamo di capire meglio. Per il prossimo anno scolastico 2023/2024, sono previsti 50 milioni di euro per consentire alle scuole, “nell’ambito della loro autonomia”, il coinvolgimento del più ampio numero possibile di studenti in viaggi d’istruzione e visite didattiche: “È la prima volta che delle risorse vengono stanziate per questa finalità e saranno destinate con una particolare attenzione per i ragazzi provenienti da famiglie meno abbienti”.

Si prende in tal modo atto del fenomeno dei “rincari generalizzati” che si stanno verificando nel settore e che stanno penalizzando il diritto all’apprendimento. In effetti, si parla spesso, in modo astratto, di disparità sociali nella scuola, senza rendersi conto che a volte i viaggi di istruzione possono contribuire ad accentuare il fenomeno, anche a causa dei rincari. Trecento-quattrocento euro investiti in un viaggio di istruzione possono fare la differenza per una famiglia a basso reddito, ma pure per famiglie a reddito medio, ancor più se i figli in viaggio di istruzione sono più di uno. Le difficoltà sono tali che molto spesso determinano la rinuncia e così alcuni studenti sono costretti a rimanere in classe. Si configura così una sperequazione di trattamento.

Il tempo scuola fuori dall’aula

Accanto ai viaggi di istruzione si citano anche le uscite didattiche. Non si tratta di un viaggio di istruzione di serie B. Al contrario, dovrebbe essere una buona prassi quella di svolgere l’attività didattica, specie in alcune discipline, nei periodi dell’anno in cui il clima è più confortevole, en plein air.

Anche questo è un modo di superare gli spazi augusti dell’aula e vivere in uno scenario più variato, che vada oltre il rigido schematismo dell’ora di lezione. Le uscite didattiche devono essere tuttavia, ben organizzate. Innanzitutto va fatta una corretta e tempestiva informazione ai genitori per raccogliere il loro consenso. Alla luce del patto educativo di corresponsabilità, introdotto dal DPR n. 235 del 21 novembre 2007, è giusto che i genitori sappiamo sempre dove sono e cosa fanno i loro figli, i minorenni, ma anche i maggiorenni: se sono compresi nello stato di famiglia vige una responsabilità sociale reciproca tra figli e genitori di cui la scuola non può che essere garante.

Fil rouge tra natura e cultura

C’è un nostro compiacimento nel ripetere che l’Italia è un museo all’aperto, che il nostro Paese si dispiega alla visione del visitatore mostrando un evidente nesso tra beni paesaggistico-ambientali, culturali e storico-architettonici. Non a caso le nostre Soprintendenze uniscono, nella loro denominazione, Archeologia, Belle Arti e Paesaggio. Natura e cultura costituiscono un nesso indissolubile. Forse un po’ meno d’enfasi, un po’ più sobrietà sarebbe conveniente nel comprendere che il fil rouge che tesse quella relazione lo ritroviamo nelle “grandi città” così come nei cosiddetti “piccoli borghi”, è lo stesso fil rouge che sostiene l’insieme delle diversità in un tessuto unitario.

Basta uscire dal portone delle scuole d’Italia per comprendere come quel reticolo di “beni”, materiali e immateriali, può diventare il contesto per una didattica nuova, nutrita di saperi, ma anche di relazioni sociali, etiche, civili. Qualcosa che ha bisogno di poche risorse economiche, ma, per renderla possibile, ha bisogno dell’impegno dei docenti di un minimo di organizzazione e un po’ di programmazione. Anche l’uscita didattica è un viaggio di istruzione che non richiede, però, di assecondare il trend del “turismo scolastico” orientato spesso verso mete rese appetibili dal marketing.

La scuola dell’autenticità e non del marketing

La scuola dovrebbe proporsi sempre, in primo luogo, il valore dell’autenticità. Non occorre una attività negoziale, determine a contrarre, bandi, agenzie di viaggi, pernottamenti, soggiorni, camere d’albergo, nell’omologazione, standardizzata, del “prodotto”. La scuola è, al contempo, istituzione e comunità. Come istituzione dovrebbe proporsi di non piegarsi alle logiche del mercato. Come comunità dovrebbe perseguire quelle esperienze che meglio possono garantire relazione e socialità; non profit piuttosto che for profit; economia sociale piuttosto che lucrativa, evitando ogni soggezione a mode, tendenze o imposizioni esterne. È la libertà nel decidere nella propria responsabile autonomia, nella propria vigile alterità.

Aspettando un prossimo Avviso pubblico

È evidente che i viaggi di istruzione e le uscite didattiche, così concepiti, possono diventare esperienze formative, “occasioni di apprendimento e di crescita umana e civica”.  Se tutti gli studenti sono posti in equivalenti condizioni per poter fruire delle opportunità formative, ne trae un beneficio un’idea più solida e matura di scuola. Anche questo potrebbe essere un modo adeguato per evitare, dopo la pandemia, di non tornare a un “prima” acritico e inconsapevole, riproponendo distorsioni invece di correggerle.

Quindi, con un Avviso pubblico di prossima adozione, “il Ministero individuerà le scuole a cui attribuire le risorse, reperite nell’ambito dello stanziamento del Fondo per l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta formativa e per gli interventi perequativi istituito dalla legge 440/1997”.

È bene che il “piano di riparto” sia impostato “sulla base di criteri oggettivi e trasparenti, utili a individuare le reali situazioni di svantaggio economico”. Al piano possono essere aggiunte risorse delle stesse istituzioni scolastiche, attingendole, per esempio, dal contributo volontario delle famiglie. Non a caso il Decreto Interministeriale n. 129 del 28 agosto 2018 (Regolamento di contabilità) ha previsto una maggiore trasparenza nella rappresentazione dei fatti contabili e gestionali, con particolare attenzione al Programma Annuale e alla destinazione dei contributi volontari delle famiglie.

Per un’amministrazione scolastica aperta e dialogante

Sempre di più si va affermando il valore di un’amministrazione non chiusa in sé stessa ma aperta e dialogante, volta a favorire la partecipazione attiva e consapevole. Non solo: dall’anno scolastico 2019/2020 la rendicontazione è entrata a far parte delle buone pratiche del fare scuola. Si tratta di uno sviluppo del principio di trasparenza che discende dalla Leggen. 241 del 7 agosto 1990 e che, nel corso del tempo, ha assunto il profilo della accountability.

La rendicontazione può garantire una maggiore evidenzapubblica di quel che si fa in relazione all’esigenza di restituire al contesto territoriale e all’utenza il senso dei risultati conseguiti sulla base delle risorse investite e dei progetti realizzati. In riferimento ai contributi volontari è corretto indicare obiettivi di particolare valore educativo e ciò anche al fine di favorire la fiducia reciproca tra scuola e famiglie. Viaggi di istruzione e uscite didattiche si prestano a questa finalità.

Una risorsa che non costa: la programmazione

Un aspetto da non sottovalutare è la programmazione, altra risorsa che non costa. Una delle peculiarità della scuola è una positiva, rassicurante riproposizione delle sue azioni. Non a caso, all’inizio dell’anno scolastico, viene adottato un Piano Annuale delle attività. Tanto più vengono previsti gli adempimenti, tanto meglio la scuola può orientare le proprie energie nell’affrontare le vere emergenze, quelle non prevedibili. Per questo una certa tendenza alla proroga, per quanto motivata, oltre un certo limite non dovrebbe essere incoraggiata perché autorizza a considerare inedito ciò che non dovrebbe esserlo, e costringe, a volte, ad affrontare con affanno quanto invece fa parte di una routine.

L’importanza del Consiglio di classe

I viaggi di istruzione, le uscite didattiche devono rispondere ad un regolamento, che va rispettato e applicato. Vanno valorizzati gli organi collegiali: in primo luogo i Consigli di classe, l’avamposto più orientato alla didattica (in modo analogo al Collegio dei docenti) e al confronto con i genitori; nelle scuole secondarie di secondo grado è il Consiglio di classe che favorisce il confronto con gli studenti (in modo analogo al Consiglio di Istituto). Diversamente, però, dal Collegio dei docenti e dal Consiglio di Istituto, il Consiglio di classe è più orizzontale, più prossimo, più comprensivo della reale vita scolastica. Bisogna cominciare precocemente a impostare i viaggi di istruzione e le uscite didattiche, sin dall’approvazione dell’aggiornamento del Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF), possibilmente entro e non oltre la fine di ottobre, quindi nei Consigli di classe di ottobre e novembre. Le risorse del MIM, dunque, dovrebbero essere messe a disposizione delle scuole “in tempo utile”, entro l’inizio dell’anno scolastico.

Le esperienze formative all’estero

Un capitolo a parte riguarda le esperienze formative all’estero per studenti, docenti e personale scolastico, in particolare in riferimento al programma Erasmus. È una opportunità da incentivare. Il MIM ricorda che con “decreto del Ministro dell’Istruzione e del Merito sono stati destinati 150 milioni del PNRR per 3 anni, raddoppiando così le attuali risorse annue previste per Erasmus, pari a circa 39 milioni per le azioni di mobilità”. Rammenta, infine, che “per quest’anno scolastico, con decreto del Ministro dell’Istruzione e del Merito del 27 marzo scorso, sono state già autorizzate attività formative all’estero di orientamento e per favorire la transizione scuola-lavoro per un valore di circa 41,5 milioni di risorse residue PON destinate alle scuole delle regioni Abruzzo, Molise e Sardegna”.

Scuola7 la settimana scolastica

328 – 10/04/2023

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